
Scoperte a Grado palizzate romane e altomedievali che permettono di ricostruire le variazioni temporali del livello del mare e le condizioni paleoambientali locali
L’innalzamento relativo del livello del mare, diretta conseguenza del riscaldamento globale, è uno dei fenomeni più studiati dalla comunità scientifica e rappresenta una delle minacce ambientali più allarmanti a livello mondiale.
Le aree costiere sono tra le più vulnerabili e risultano particolarmente a rischio. Secondo i rapporti dell’ISPRA, in Italia circa il 30% della popolazione risiede in queste zone e, secondo le stime relative allo scenario climatico meno critico, entro il 2100 il livello del mare potrebbe innalzarsi di circa 0,5 metri, con gravi rischi per il paesaggio, le infrastrutture e gli insediamenti litoranei.
Anche in passato, le variazioni del livello del mare hanno avuto un impatto significativo sull’occupazione delle aree costiere, e talvolta il mutamento delle condizioni ambientali ha costretto le popolazioni ad abbandonare definitivamente i siti minacciati dall’allagamento o, in alternativa, a reagire con interventi strutturali volti a contrastare l’ingressione delle acque e preservare l’abitabilità del territorio. Grado, Friuli Venezia Giulia, ne è un esempio emblematico.
Una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista “Scientific Reports”, che ha visto il coinvolgimento di studiosi e ricercatori dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS, del Dipartimento di Fisica e Astronomia "Augusto Righi" dell’Università di Bologna, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - INGV e della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Friuli Venezia Giulia, con il coordinamento di Dario Gaddi di Archeotest s.r.l., ha riportato alla luce a Grado tre palizzate di età romana e altomedievale, risalenti a un periodo compreso tra il I e il VI secolo d.C.
La più antica (I-II secolo d.C.) probabilmente fu creata come barriera di contenimento per il materiale di bonifica scaricato a partire dalla terraferma. Un’altra palizzata, datata mediante dendrocronologia al 566 d.C, rappresenta invece un probabile tentativo di intervento per arginare gli effetti dell’innalzamento del livello del mare. Infine, una terza barriera, di età analoga alla precedente e di cui sono state rinvenute solo tre tavole, verosimilmente fu costruita non per mitigare l’ingressione marina, ma per consolidare il Castrum.
L’analisi multidisciplinare di tutte queste strutture, che anticamente avevano anche una funzione protettiva contro l’erosione costiera, ha permesso di ricostruire sia l’evoluzione dell’ambiente deposizionale dell’area gradese (anche in risposta ai numerosi interventi antropici) sia i cambiamenti del livello relativo del mare lungo la costa nord-orientale dell’Adriatico.