Arte & Scienza: inaugurato l'eco-percorso "Il mare inizia in città"

Sono ben 21 le opere di street art - realizzate su supporto removibile e posizionate in prossimità di tombini e caditoie - ideate da Laura Galeazzo, Bernardino Not e Nicole Pillepich, vincitori di un apposito concorso e 2 le installazioni artistiche di Elisabetta Milan, - una posizionata nella fontana davanti a Sant’Antonio e l’altra lungo il canale - a comporre l’eco-percorso "Il mare inizia in città”. Inaugurato questa mattina e visibile fino al 10 giugno a Trieste nella zona del Canale di Ponterosso, all’eco-percorso è abbinata un’esposizione omonima nella Sala Comunale Arturo Fittke, contenente un’ulteriore opera di Elisabetta Milan. La duplice iniziativa è realizzata dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale – OGS e da WWF Area Marina Protetta di Miramare in collaborazione con la delegazione FVG di Marevivo, come parte fondante del filone Arte&Scienza della terza edizione di MareDireFare - Festival dell’Oceano, e ha l'obiettivo di sensibilizzare la cittadinanza sull'inquinamento da rifiuti plastici, una delle maggiori minacce per il mare.

Lo scopo dell’iniziativa - Il progetto nasce dall’urgenza di portare all’attenzione pubblica la drammatica, ma silenziosa, invasione dell’oceano da parte dei rifiuti, soprattutto quelli plastici. È importante far comprendere gli impatti che essi hanno sugli ecosistemi marini, sulle specie animali e vegetali come pure sulla salute degli esseri umani, ultimo anello di una rete alimentare contaminata a molti livelli. L’origine di questo inquinamento afferisce a un modello socio-economico che si basa sul consumo facile e sull’usa e getta anziché sulla riduzione e il riuso. La conseguenza è una produzione eccessiva di “scarti”, di cui ogni giorno una parte finisce nel mare per incuria, malagestione, indifferenza o dolo, partendo per lo più dalla terraferma, seguendo il corso dei fiumi, trasportati dal vento o dalle condotte fognarie.

Il senso del nome - L’iniziativa si chiama “Il mare inizia in città”: perché ciò che inquina il mare arriva dalle strade e dai tombini in cui si gettano incuranti il mozzicone di sigaretta o la gomma da masticare e dove confluiscono i rifiuti che non abbiamo saputo (o voluto) smaltire correttamente, ma anche dagli scarichi delle nostre case, che trasportano microfibre o piccoli frammenti di plastica che nessun depuratore è al momento in grado di ostacolare.

Le opere di Street Art - Le opere di street art sono il frutto della creatività di 3 giovani artisti selezionati nell’ambito del concorso di Arte&Scienza indetto appositamente per la terza edizione di MareDireFare. Dopo aver partecipato a una sessione formativa con OGS e AMP Miramare, ognuno di loro ha interpretato il tema producendo 7 tavole che rappresentano alcune possibili “destinazioni” del rifiuto che giunge in mare dalla città: la spiaggia, il mare aperto, i fondali sabbiosi, le praterie marine, ma anche il nostro stesso piatto. Il tutto a simboleggiare che ciò che finisce nei nostri tombini, attraverso gli scarichi e poi le correnti profonde e superficiali che regolano il funzionamento di mari e oceani, può giungere nei lidi più lontani, formando, ad esempio, le ormai tristemente note “isole di plastica”.

Laura Galeazzo - Nelle sue 7 opere l’artista riflette su: “Coralli artificiali" ovvero agglomerati di cottonfioc, selve di guanti da supermercato, cumuli di mozziconi di sigaretta che, finiti sui fondali rocciosi, possono ricordare i piccoli polipi che conosciamo in natura; “Finte meduse" cioè sacchetti di plastica che, trasportati dalle correnti marine, sembrano i noti animali planctonici dalla consistenza gelatinosa e finiscono per confondere gli altri animali marini che se ne nutrono così incautamente, come accade alle tartarughe; “Prodotti dal mondo" ossia un angolo di battigia su cui la marea ha trasportato rifiuti di ogni genere, bacchette giapponesi da sushi, confezioni di snack americano, tappi di bottiglia, ...; “Nuovi rifiuti, vecchi problemi” ovvero l’inquinamento improvviso, legato allo smaltimento improprio delle mascherine usate come tutela dal covid, finite in acqua; “Prateria di bottiglie" e il problema della sostituzione delle praterie di alghe con grandi quantità di rifiuti che ne occupano lo spazio; “Plastica gourmet” ponendo l’attenzione sul fatto che il pesce che mangiamo contiene sempre di più microplastiche quando anche non pezzi di plastica stessa, ingerita per sbaglio; “Case inadatte” ovvero come i rifiuti di plastica possano essere utilizzati da alcuni animali marini, come i paguri, come loro abitazioni al posto delle usuali conchiglie, ma non abbiano le giuste caratteristiche per tutelarli.

Bernardino Not - Nelle sue 7 opere, ciascuna contraddistinta da un gioco di parole, l’artista ritrae: “Icebag”, ovvero l’inquinamento da sacchetti di plastica dispersi in mare; “Imbottigliati”, ossia l’essere intrappolati da sempre più rifiuti da parte delle specie che vivono il mare, come granchi e paguri, quasi fossero auto nel traffico dell’ora di punta; “Plastica allo scoglio”, in cui il condimento degli spaghetti è sempre più caratterizzato da spazzatura plastica di vario genere che finisce intorno o all’interno dei mitili con cui normalmente si realizza il piatto; “Salmone affumicato” che non rimanda alla celebre preparazione del pesce ma al fatto che i mozziconi gettati in mare finiscono per essere cibo e contorno per il pesce stesso; “Salpiamoci tutti” riflette sul triste destino della salpa (e di tutte le altre specie marine) sempre più circondate dai rifiuti umani; “Senza scampo” che rimanda il calo del numero di quel tipo di crostaceo anche alla componente della plastica in mare e “Sgombro rifiuti” che mostra uno sgombro alle prese con un fondale particolarmente inquinato.

Nicole Pillepich - Nelle sue 7 opere l’artista ci parla di: “Gemelli” ovvero di una lattina spiaggiata sul fondo del mare accompagnata da alcune cannucce, la cui sagoma ricorda quella di un granchio; “Oceano ferito” paragona i pomodori di mare aperti sott’acqua a un conglomerato di cerotti ancoratisi alla roccia; “Paguro in pausa caffè” ricorda il triste destino cui andrà incontro un paguro che incautamente sceglie un bicchierino di plastica da caffè finito in mare al posto di una conchiglia per farne la sua casa; “Plastica oceanica” tratteggia un fondale in cui le alghe sono ormai quasi soppiantate dai sacchetti di plastica; “Sardon in scovazon” racconta di quanto anche nei pesci più piccoli come le sardine si annidi ormai tanta microplastica e del rischio che ben presto le lattine che le contengono siano piene di materiali di rifiuto come fossero bidoni delle immondizie (Scovazon in triestino); “Trova l’intruso” rimanda a un branco di pesci nella corrente, in cui i pesci sono ormai sostituiti da mozziconi di sigaretta e filtri di sigarette elettroniche; “Un mare di rifiuti” ovvero un mare in cui una tartaruga è attorniata da spazzatura e non da altre specie vegetali o animali.

Le installazioni di Elisabetta Milan - L’installazione “Non è solo acqua”, due dischi colorati collocati sul fondo della fontana di Piazza Sant’Antonio, vuole far riflettere sul contenuto di una goccia d’acqua. Quello che a occhio nudo sembra trasparente, cela al suo interno un universo nascosto, ricco e complesso. Le coloratissime e bioluminescenti forme astratte sui due tondi non sono infatti casuali ma rappresentano alcuni dei meravigliosi organismi che appartengono al Plancton e vogliono far riflettere su quanto il fitoplancton, componente vegetale del plancton, contribuisca alla produzione di almeno il 50% dell’ossigeno globale presente nell'atmosfera. L’installazione “La grande pesca”, che consta di una piccola imbarcazione da pesca collocata nel canale sommersa da reti contenenti rifiuti, vuole mostrare come in meno di un secolo dalla sua invenzione la plastica abbia ormai invaso ogni angolo del pianeta, “intrappolando” l’uomo e l’attività ittica che svolge. Nelle reti da pesca, infatti, c’è un bottino sempre più abbondante di plastica, dispersa sulle coste, depositata sui fondali, o galleggiante in superficie spinta dai venti e dalle correnti oceaniche, fino a formare enormi agglomerati. L’installazione “Mangiamo ciò che laviamo”, collocata in Sala Fittke, realizzata recuperando una lavatrice verniciata con un colore rosso squillante da cui esce un polpo creato con una “rete da pesca fantasma” lunga 100 mt risalente agli anni Settanta, recuperata sulle nostre coste, vuole mostrare l’impatto dell'uso delle fibre sintetiche usate per i capi d’abbigliamento che, lavaggio dopo lavaggio, si tramutano in microparticelle plastiche che finiscono nei mari, venendo ingeriti o filtrati dai più piccoli organismi marini fino a quelli più grandi, risalendo così la catena alimentare fino a giungere sulle nostre tavole.

Orari - L’ecopercorso è fruibile liberamente senza alcun orario fino alla fine del festival. Visite guidate con partecipazione libera alla presenza degli artisti: giovedì 25 maggio ore 16.00 e martedì 6 giugno alle 17.00, con ritrovo davanti alla scalinata della Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo in Piazza Sant’Antonio Nuovo. Per gli orari della mostra nella Sala Comunale Arturo Fittke: www.maredirefare.it.

MareDireFare - Festival dell'Oceano è co-organizzato assieme al Comune di Trieste, all’Associazione culturale Museo della Bora e a Editoriale Scienza e realizzato in collaborazione con Ibby Italia, Direzione marittima del Friuli Venezia Giulia - Capitaneria di Porto di Trieste, Festival Scienza e Virgola, Azienda sanitaria universitaria Giuliano Isontina (ASUGI), Delegazione FVG di Marevivo, GeoAdriatico, Boramata, Trieste Città della Conoscenza, Fondo europeo per la politica marittima, la pesca e l'acquacoltura - FEAMP, Progetto Techera, FIPSAS, Associazione Italiana Biblioteche, WWF YOUng e Università degli Studi di Trieste. Il Festival si svolge grazie al contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, della Fondazione CRTrieste e ZKB, con la media partnership de Il Piccolo e di RAI FVG.
 

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